giovedì 6 ottobre 2011

Patrimonio di questa umanita’ – Necrofilia, saccheggio e altre aberrazioni


(Fotografia di Francesca Anita Modotti)

"Pochi pensieri, ma fissi"



Sulla fortificazione nord orientale del campo, a quell'ora tarda spazzata dal vento tiepido di mezza estate, un ragazzo stava vestito come si vestono in genere le sentinelle e rideva, colto da un pensiero grottesco, tra sé e sé, di un riso soffocato e muto, tanto che la deformazione sopra al suo volto avrebbe potuto essere facilmente scambiata per una di quelle smorfie ebeti, incancellabili nel viso di certi idioti. Il ragazzo, probabilmente, s'era acceso la sigaretta senza pensarci troppo. Perché se uno deve pensare anche quando si accende una sigaretta, allora la vita è diventata una roba proprio insopportabile. E poi se uno ci pensasse veramente, secondo voi, quante sigarette si accenderebbe? Quante ne lascerebbe nel pacchetto? La rovina dei tabaccai, sarebbe, ecco. Probabilmente quindi, con un gesto meccanico condizionato dall'esistenza che stava conducendo suo malgrado, il ragazzo vestito da sentinella si doveva essere mosso, sciogliendo a un certo punto la forma di statua a cui era stato ordinato. Verosimilmente, doveva aver bloccato il mitra sotto l'ascella destra, stringendo il gomito sulle costole, e poi doveva aver infilato una mano in tasca, estraendone il pacchetto di Camel morbide più l'accendino. Il tutto con tre dita, gomito e occhi sempre impegnati. Perché l'uomo ha il pollice opponibile, la scimmia ha la coda prensile, e quel ragazzo... aveva le tre dita tutto fare. Presa una sigaretta tra le labbra, doveva averla accesa, per riporre successivamente ogni oggetto in tasca. Ma solo in seguito, estraneo ancora dall'automatismo, come se non fosse stato egli stesso a compiere quei movimenti nel buio della notte, doveva aver tirato la prima, vera, nutrita boccata. Che però anche qui, a volersene ricordare, egli stesso sarebbe rimasto nel campo delle ipotesi. In realtà s'era accorto della sigaretta non prima di averne aspirato il decimo tiro, e tutti gli altri avrebbe dovuto immaginarli, pari a noi nella ricostruzione. Un po' come è per la città de L'Aquila distrutta dal terremoto e a quanto pare dissolta in niente. Perché le costellazioni non sono altro che facili schemi d'accesso all'illusione. Comunque dicevo, tornando all'altra notte, che il ragazzo s'era evidentemente distratto. Infatti stava dietro a una serie di pensieri poco utili all’allerta ma inevitabili. Forse, ancora forse, era cominciato tutto con un movimento di frasche notato lì giù vicino al fiume. Tanto che s’era messo pure a studiare la scena. Casomai ci fosse stato qualche male intenzionato pronto a giocargli un tiro. Proprio a lui e proprio a quell’ora. Certa gente è senza ritegno e pur di obbedire a un ordine si farebbe ammazzare. Il ragazzo vestito da sentinella al confine nord orientale del campo, invece, queste cose non le capiva proprio. Potendolo, lui, svicolava. E di sicuro tra obbedire e morire preferiva l’altra via, che è quella della fuga. Se con o senza onore, lo riteneva un particolare del tutto irrilevante. Nella fuga, c'è da dire, egli vedeva un fatto nuovo da che Rosy era scappata: la considerava patrimonio dell’umanità. Prima della separazione, infatti, l’aveva creduta solo una sua prerogativa e possibilità, condannando chi altri ne avesse approfittato. Però quando Rosy s’era ammalata, due anni prima della sparizione, passeggiando lungo i bastioni dell'antico borgo, il ragazzo aveva anche pensato: se non me ne vado questa storia mi ammazza. Eppure non ce l'aveva fatta. Non aveva potuto. Non era stato in grado di abbandonarla così. Anche se da un lato lei lo voleva, ne era sicuro. Ma tirare il grilletto è un fatto da assassini o da militari. E i militari mettono i remi in barca e annullano l'autodeterminazione. Lo fanno per assassinare acriticamente. Come robot. Il ragazzo però agli ordini, e s’è già detto, era poco incline. A darli e a eseguirli. E forse prima di uccidere a comando avrebbe tentato di scappare. Chiaramente, se ciò fosse stato possibile e non avesse comportato l’incombenza d’affrontare il cosiddetto fuoco amico. Il guaio con gli ordini, al fronte, è che sono vestiti da carabiniere. Stanno appostati dietro le retrovie col mitra in mano e se appena vedono qualcuno che se la dà a gambe, quelli sparano senza nemmeno pensarci. Che poi se uno dovesse veramente pensarci, chissà quanti uomini davvero ammazzerebbe. La rovina degli eserciti, sarebbe, ecco. E’ vero, anche il ragazzo vestito da sentinella considerava aberrante ogni forma di appartenenza nazionale. Ma diobono, almeno lì in trincea aveva immaginato sarebbe stata una cosa non da fottersi a vicenda, ma utile a salvarsi. Che ingenuo, vero? Un tipo una volta mentre masticava il rancio gli aveva detto: se ci fai caso, il primo aguzzino parla sempre la tua stessa lingua. Quel tipo era finito fucilato poco dopo il pasto. Lo avevano scelto volontario per una missione suicida in campo aperto. Hanno un bel dire degli invasori… In ogni tempo sempre a un collaborazionista fecero riferimento, quelli. Persino nei campi di concentramento nazisti esistevano i Kapò. Che poi se non fosse stato per sta balla di nazione, il ragazzo quella notte mica avrebbe avuto niente a che fare col confine nord orientale del campo, ne' col mitra, ne' col compito assegnatogli di fissare un fiume! E forse nemmeno col pensiero di Rosy scappata quando lui non ce la faceva più. O meglio, quando lei non ce la faceva più a stare così con quel male e il ragazzo che si consumava senza riuscire a tirare il grilletto. E forse nemmeno con il pensiero di quando s’era decisa e aveva preso la porta svanendo nel niente, avrebbe avuto a che fare. Ne' col ricordo di quell'altro giorno, sui bastioni del borgo in cui abitavano, quando s'era ritrovato a fissare il niente e a struggersi per l'abbandono. O di quell'altro giorno arrivato dopo un po', in cui s'era sentito sollevato. E’ bello donare l’arte al mondo, e Rosy era un po’ anche la sua opera d’arte. Fai un quadro, un murales, una canzone e lasciala andare. Come biglietti nelle bottiglie sui flutti. Ne aveva raccolta una di quelle bottiglie, una volta, che s’era impigliata tra le canne alla foce di un fiumiciattolo. A quel tempo la sentinella era un bambino ma aveva già negli occhi il mito dei messaggi che la corrente trasporta. Così vedendo il vetro verde che tentennava tra sabbia e rane, ingegnarsi a raggiungerlo tendendo tutti i muscoli della schiena e delle braccia era stato un fatto naturale. Tutti i muscoli che ancora non aveva, s'era trovato a usare. Ricordava la sensazione pure oggi, il ragazzo, di quel vetro stretto tra le dita. Sempre le solite tre. Ricordava esattamente il momento in cui l'aveva cacciata dall’acqua e ci aveva guardato attraverso scorgendo la carta. Era rimasto un po’ imbambolato. Indeciso tra il caso di tentare l’estrazione o di rompere il contenitore. Alla fine aveva ceduto agli insegnamenti dei suoi genitori, e s'era sudato una camicia per togliere il tappo e recuperare il messaggio. Non s'era mai riuscito a spiegare come quel foglio fosse finito lì dentro. Perché se l’avesse raccattato dal mare o se fosse caduto dal cielo, sarebbe stato poco strano. Ma come era possibile che un biglietto scritto in quella lingua d’altri mondi provenisse da un fiume che nasceva e moriva nella stessa regione, davvero non riusciva a capirlo. Qualche villeggiante forse? Qualche buontempone? Aveva portato in tasca il suo tesoro per diversi anni. Come in attesa di un essere capace a tradurre. Al bar vicino al molo gli capitava spesso, nel frattempo, di sottoporre lo scritto a qualche marinaio che millantava conoscenza di lingue d'altri porti. E più di una volta gli avevano indicato un idioma diverso. Qualcuno aveva detto è arabo, qualcuno è berbero, qualcuno indonesiano, qualcuno cinese. Poi era arrivata Rosy, semplice e sincera. Dopo il primo pomeriggio trascorso a baciarsi sulle scale, con gli occhi chiusi e le mani fredde, le aveva proposto il gioco di guardare nel passato. E passati in rassegna qualche casa, qualche amante, qualche parente uscito male, il ragazzo s'era deciso a tirare fuori quel biglietto facendola ridere. Un semplice crittogramma, era. Ma lei non volle rivelare mai quale fosse il messaggio che nascondeva. Gli aveva detto: prova da te a risolvere il tuo mistero, visto che in 10 anni, chiedendo, non hai cavato un ragno dal buco. Poi s’era ammalata e tutto aveva cambiato aspetto. Il ragazzo aveva smesso di pensare al crittogramma, ai messaggi dentro le bottiglie, al mondo e a se stesso. Al decimo tiro di sigaretta invece, l’altra notte, gli era tornato in mente quel fatto strano e d'impulso aveva ricominciato a sforzarsi, per decifrare l'enigma nascosto nei segni. Oppure non so, magari era stato prima, già dal secondo tiro. So però che intorno al decimo ci stava giusto pensando. Non troppo. Che se uno ci pensasse veramente, non se l’accenderebbe mica la sigaretta così al buio. E rendendosene conto non si direbbe mica, dai l’ultimo tiro, portandola alla bocca, venti centimetri sotto il cervello. Il filtro tra le labbra, i polmoni che si riempiono, il rumore di un cane che scatta, la bocca che resta aperta. Gli occhi sgranati. La sigaretta che cade da venti centimetri sotto il nuovo buco zampillante in fronte. Mentre precipitava muto, l’altra notte, appresso a mezza sigaretta accesa, il ragazzo vestito da sentinella s'era illuminato. Ogni cosa gli era apparsa chiara. L'imbroglio di rapirlo e metterlo a guardia su di un fiume, la fortuna che era stata per Rosy scappare lontano dalla guerra, e persino il significato di quel crittogramma. Gli si era composto davanti come il sole sul mare fa di mattina. E aveva riso. Di quel riso muto che gli deformava la bocca facendolo anche sembrare un po' idiota. Volete ridere anche voi? Volete sapere qualcosa in più di ciò che rende un uomo libero e felice per un solo, immobile, lunghissimo istante? Eh... la fuga è un’arte, signori. E il ragazzo vestito da sentinella ci ha già regalato tanto in questa storia. L'abilità delle tre dita, il ricordo di una bottiglia e la miseria in cui finisce un amore, quella che fa spogliare gli uomini di ogni loro talento. Quella che li porta a devolverlo, liberalizzarlo, sputtanarlo. Sono curioso anche io, non crediate... ma troverei sinceramente aberrante, scrivendo un post, trafugare ogni percorso di questo morto, rapirne l'intimo, il dolore, violarne ciò che tacque e fare di lui altro che un assassinato. Fare del suo corpo un simbolo e dei suoi segreti altro pasto, altro concime per la civiltà. Altro patrimonio di questa umanità.

14 commenti:

  1. Le foto che posti che si sposano con quello che scrivi (e/o viceversa), perché non pensare di creare uno spettacolo con voci narranti e queste immagini?

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  2. @sabrina ancarola uno spettacolo spettacolante! :)) :)

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  3. ...meglio lasciare all'immaginazione questo suo segreto...Ognuno può pensarlo secondo la propria sensibilità: ciò che rende un uomo libero e felice per un solo, immobile, lunghissimo istante è....
    :-)
    Mi è piaciuta questa storia, è triste solo all'apparenza...
    Grazie Kap :-)

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  4. @luisaluz trovo tenerezza in ogni particolare che l'essere umano esprime. una tenerezza che deriva forse dal rendersi conto dell'unicita' che esprime ogni minimo gesto. la vita di un essere umano e' gia' un nulla nello spazio e nel tempo. tanto che probabilmente spazio e tempo sono solo una delle infinite possibilita', e tra queste, la sola in cui esistiamo. se la vita del genere umano, anzi, se la Vita in questo universo, e' un episodio cosi' ramingo, figuriamoci cos'e' la vita di un solo uomo, e la sua unicita'. un granello di sabbia nel deserto? magari...! la percezione di tutto cio' produce in me tenerezza. comprensione e necessariamente a ruota rispetto. io sono di quelli che delle altre persone non vogliono sapere e avere tutto. e sto bene solo quando riesco a vivere senza dover sapere e avere tutto.

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  5. bella questa tua visione della vita... Anch'io sono propensa a sentire comprensione nei confronti degli altri esseri umani...

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  6. diminuirsi allo zero
    sparare in fronte
    al respiro precedente
    dipanarsi di note
    in fuga dal contrappunto.
    Ciao Al, grazie (eri)

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  7. duori da qualsiasi scala? :) grazie a te Eri.

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  8. poi c'è il silenzio? :)

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  9. Il mio bisnonno è morto così, il fumo uccide davvero

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  10. ora che sono una follower posso scordarmi di scrivere chi sono :))

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  11. @Eri come ti ho scritto da qualche parte ma chissa' dove... Eri tu. :))

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  12. @White Rose e' incredibile scoprire quante persone sono morte fumando al fronte...

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