giovedì 25 agosto 2011

Malacoda - Prime manifestazioni di un talento


(Argentina, una detenuta con figlio in un carcere femminile)


Il più giovane tra gli zii di mio padre aveva una nidiata di figli maschi e ignoranti cresciuti a volgarità, botte e apologia del fascismo. Io restavo meravigliato dal quantitativo di improperi che si riuscivano ad ascoltare in quella cucina dagli odori buoni dove, la sorella di mia nonna, si ibernava in servitù pacchiane, arresa ai tempi nuovi che non sanno liberarsi dai sensi antichi. Sulla pagella, quella donna, aveva avuto pochi voti e poco buoni. L'unica eccezione stava  nei numeri accanto a materie dai nomi improbabili già all'epoca dei miei sei anni. I suoi figli, invece, più prossimi per età a me che a loro cugino, mio padre, di eccezioni in pagella non ne avevano alcuna. Tanto che l'unica figlia femmina di quella nidiata, scarsa era sia in parolacce sia nel resto e forse rimpiangeva quei lavori donneschi che tanto a sua madre avevano offerto in termini di ruolo. Di giustificazione all'esistenza. L'odore, dicevo, era buono in quella cucina, e le risate anche. Genuine e portatrici di un canto grottesco dove valevano meglio i fiori che le spighe di grano. E dire che il tempo, a quegli esseri, non sembrava cambiato...! Eppure anche i capelli erano più lunghi di pelate passate e appese dai piedi. A piazzale Loreto nessuno di loro c'era né c'era stato in seguito, ma della storia e di quei vezzi, essi avevano una forte memoria, tutta riassunta in obbedisco mal riposti, in sincerità annullate  e declassate a superficiali falsità ormai congenite, lì dove la naturalezza si confonde con la cultura e lascia gli esseri al buio del loro destino incombente. Nella cucina dello zio più giovane tra tutti gli zii di mio padre, tentarono di corrompermi, un'estate, poiché io non pronunciavo bestemmie e parolacce, tanto da sembrare un marziano a quegli uomini che con me scherzavano pensando di farlo come il gatto fa col topo. Ecco, io non pronunciavo volgarità, ma non era per plagio, divieto o per buona educazione. E' vero che dei miei genitori non ricordo altro che scomunica a quel turpiloqui, ma è anche vero che consideravo, il mio tacere in quel linguaggio, un esercizio di potenza. E il riuscire con nessuno sforzo a soprassedere su nuovi termini a usare i quali mi istigavano, era per me fonte di grossa soddisfazione. Io potevo, in faccia a quei fasci ignoranti persino del loro stesso principio di volontà. E potendo esercitavo la mia potenza di individuo. Così quello zio un giorno mi offerse una banconota in cambio di una bestemmia, e io gli risi in faccia. Più o meno come facevo coi suoi figli, quando venivano a ripetizione da mia madre, e rossi di vergogna mi guardavano da basso incapaci ad accentare al punto giusto un ausiliare, o a distinguere scrivendo una preposizione semplice da un verbo. Mi somigliavano quegli uomini? Di sicuro era così, me ne rendevo conto. E tanto di più mi stupiva quella incapacità. Altrettanto quanto la loro insensata voglia di catturarmi con un mondo fatto di manifestazioni vuote dei loro tormentoni sterili come rami secchi. Aiutami mente! l'invocazione che parevano non saper pronunciare. E io sapevo. Sì che sapevo. Sapevo e potevo. Tanto che a gratis un giorno, come forma di violenza opposta ad altra violenza, presi un respiro e bestemmiai il dio dei miei genitori, alla cui chiesa essi mi volevano iniziare. Non fu un raptus, quel mio primo escremento verbale. Fu una fredda decisione, un cancello aperto, un sogno cullato non più di un secondo. Come una belva che s'accorga della giugulare pulsante sul collo della sua preda e degli artigli pronti a scattare. Mia madre prese consapevolezza di quella potenza espressa con un battito di ciglia e fece finta di saperla arginare. Ma sicuramente, povera donna, già intuiva quanto difficile sarebbe stato quel suo figlio senza etica e morale, consapevole di come gli intrecci cadano dalle sedie senza paglia, e di come a raccoglierli non vadano che i servi. Oggi si moltiplicano gli strumenti e tutto resta uguale. Il modo di decidere, il lampo di procedere, la decisione di avanzare. E' tutto come allora: un battito di ciglia è il tempo che ci vuole per negare una parola o per violare un tempio. Persino per ammazzare.

25 commenti:

  1. è un pò che penso che differenza ci possa essere tra la bestemmia fascista e quella anarchica (Cinzia che non ha mai bestemmiato)

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  2. @Cinzia appena incontro dio glielo chiedo... ;)

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  3. Che dire alpexex, nient'altro che un bel post!

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  4. ...già, il tempo è sempre quello: un attimo per premere un grilletto o un pulsante che uccide, per decidere della vita altrui (e della propria) ...un attimo per non capire, sbagliare, o ...per intuire tutto...
    (luisa)

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  5. @Michele_D che dire michele_D... niente altro che ben trovato :)

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  6. @luisa istinto o talento. sempre un po' grottesco. come si addice a Malacoda.

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  7. casomai diGli che io credo alla sua esistenza quanto gli ufo (Cinzia che andrà all'Inferno)
    comunque gran bel post. (ci sarà mai un oltre-post nella forma?)

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  8. @Cinzia la dannata se non credi a dio non ti aspetti certo l'inferno. ma in questo caso Malacoda s'offende :))) che e' un oltre-post nella forma? ps quando incontro dio non gli dico niente, senno' poi si fa il fico con te che sa tutto

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  9. e chi sarebbe Malacoda? :)

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  10. @Marco in letteratura lo trovi ben cornuto nell'inferno di Dante (se vuoi ti cerco i versi) ed in c.lewis (le lettere di berlicche). in questo blog compare nel secondo post.

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  11. oltre-post nella forma: hai una vena narrativa che trovo sia limitata dalla brevità del post.sembrano tutti racconti interrotti

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  12. vuoi che pubblichi qualcosa di piu' lungo Cinzia? tipo un racconto?

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  13. ne hai di cose da raccontare...sì penso che mi piacerebbe leggerti più lungo

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  14. è da un pezzo che i blog ti stanno stretti (altrimenti perchè aprirne così tanti?)

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  15. beh i blog sono per pubblicare, e nn si scrive solo per pubblicare...

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  16. scrivere cose più lunghe è un progetto ambizioso.ho sempre pensato che chi ha talento nel momento che scrive ha in mente sia il contenuto che la forma e il fatto che si scrive per se stessi mi sembra un pò una balla (ci sono i diari per questo e restano chiusi a chiave)

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  17. beh non so, sullo scrivere e su quello che ne penso ho... scritto abbastanza. anche qui sopra. in quanto ai diari, o alle fantasticherie, ai giochi, si restano chiusi a chiave. li scriviamo per noi stessi? per nessuno? per scriverli? insomma, per chi si respira Cinzia? ;))) comunque a me dei blog piacciono i commenti, soprattutto. cioe', e' la cosa che mi interessa di piu'. mi capita di rileggere quelli, piuttosto che i post. e se rileggo i post e' solo perche' mi ci ritrovo dopo aver riletto i commenti. considera che il vecchio blog Narkotika (non so se ti e' capitato) era fatto di un tot di post, ogni post finiva con una formula particolare, e quella formula era l'inizio di un capitolo di una cosa non pubblicata che giace serrata nel famoso cassetto... in quanto a trama e co.. non so se ci sono gia' nel momento in cui uno comincia a scrivere. di sicuro non se ne ha, o almeno io non ne ho, consapevolezza. altrimenti, non fosse per scoprire cosa c'e' (dentro, fuori, intorno) non avremmo, o almeno io non avrei, la propulsione (fai curiosita') utile a scrivere.

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  18. ti ricordi che io mi aggiravo senza blog tra bloggers (attirandomi non poco astio e antipatie)solo per commentare ciò che valesse la pena di farlo in una sorta di "happening" che a volte era più interessante dello stesso post da cui scaturivano (i thread litigiosi tra me e FUR sono stati fantastici)
    la scoperta di quello che si può creare deve essere molto stimolante e se poi lo si fa bene,beh,tanto meglio

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  19. si che mi ricordo.. diciamocelo, in fatto di antipatia, lo scettro ce lo contendevamo abbastanza :)))

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  20. :( beh sei fortunato ad avere e soprattutto ad aver avuto da piccolo una madre che riusciva a comprendere un battito di ciglia e intuire di aver un figlio difficile...
    (mia madre e ne sono passati alcuni di decenni non ha ancora capito perchè mi sono allontanata da lei di oltre mille chilometri)
    beh un po' ti invidio ma probabilmente devo esser nata nella famiglia di tuo zio non riconoscendene però familiarità e consanguineità!! E la forza di criticare e combattere gli insegnamenti che poco si sposano con la nostra indole
    e mi piace davvero in maniera immaginaria pensare di essere figlia di nessuno, io!!

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  21. @angela nn so, mi dicono sia tutto naturale tra madri e figli. io non ci credo. perche' l'alternativa per molti casi che ho sotto gli occhi sarebbe... che si, le madri colgono al volo e poi ci passano sopra come un trattore. cmq non ti ricordo a tavola con la famiglia dello zio piu' giovane di mio padre... :))) e padri e madri non so, non ne ho diretta esperienza, ma i figli son sicuro che sono tutti diversi. quelli, i cugini di mio padre, rimasti ignoranti, odiano i loro genitori e vivono con busti del duce dentro le case. almeno, cosi' mi dicono che sia...

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  22. Arriva e questo è il punto fondamentale, complimenti ancora

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  23. @Sabrina Ancarola si immagino sia importante almeno quanto lo e' partire e godersi il viaggio... ;) (da viaggiatore a viaggiatrice)

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