Chiaro principio d'ordine fu bullicare.
Sorgenti, mestoli e troni.
Scese l'India a cercare il modo di cucinarci addosso
una lettera rossa. Travestita di prato, discese.
Il vento, inesperto, masticava tabacco da pipa.
Lei, trovò due scarpe slacciate abbandonate in mezzo
al fango.
Ne disegnò il ritratto sul purè e fuggì contenta su in
fucina.
Da quale lato preferiresti essere guardata? ti chiesi.
C'erano facce scure come fosse stato il mio funerale.
Se cerchi quelle è perché non vuoi essere creduta, ti dissi.
Col sole in fronte sfilavano invece, all'opposto,
misteri meno ignoti e più buffi.
Se cerchi quelli, cerchi la conferma alla fine, è
sicuro, mi sbilanciai, e già parlavo
a me stesso, o gonfiavo un canotto salvagente, non saprei dire, ma avrei fatto bene a ricordare che sembrava d'essere al
mio, non al tuo funerale.
Capisco: il sunto è più lungo del testo
originale, ma avevi tutto il diritto di prendere parte al banchetto. No... non
in virtù della quota versata, quanto piuttosto per quel vecchio principio
secondo cui tu eri l'ultima arrivata, e nessuno di noi avrebbe dovuto mangiare
un boccone, prima che l'ultimo venisse saziato.
D’altronde è anche vero che arrivasti con
molto ritardo. E devi ammetterlo, con un ghigno poco accomodante sul viso
scomodo.
Uno scomodo a cena, fu opinione generale,
non bisognerebbe mai invitarlo.
Comunque sia, stare a quella tavolata era
un po' come stare al mio funerale. C'erano teschi scuri e teschi chiari. Poi il
sole girò, e i toni si invertirono.
Non serviva fare battute con quella gente,
ridere costava meno di niente. Si rideva dei segnaposto a forma di cero o delle
candele spente a forma di patata o delle patate profumate di forno e ricotte
dal sole. Si rideva di patate fesse, a forma di sudore. Dei nasi caduti dai
visi scomodi. Delle narici dei gatti. Delle moine dei cani. Di 12 teschi che
ridono di niente al tuo funerale.
La prima portata fu un piatto piano di
ceramica bianca, decorato con due fili d'erba verde e un fiore giallo.
Ricordo che mi domandai con quale
coltello è bene spalmare l'aria sul niente.
Un commensale alla mia destra fece la voce
grossa, pretendendo rispetto. Gli fece eco qualcuno alla mia sinistra,
invocando disprezzo con il medesimo volume di voce.
Nascemmo miseri, pensai, e ciò che diventammo
ognuno di noi l'ignora.
Spalancai il mio libro in attesa di tempi
migliori. E tu, a me di fronte, spalancasti le gambe - non lo vidi ma dalla
fronte si capiva benissimo.
La mia fronte doveva essere altrettanto
eloquente, malgrado il libro e la bolla nella quale stavo chiuso, visto che
poco dopo ci ritrovammo dietro un salice frondoso, a pochi metri dal convitto.
E fu come scopare di nascosto nel cesso di
un bar.
Rinvenni rapidamente e mi sollevai sulle
ginocchia. Con le mani riallacciavo i calzoni, mentre strizzavo i bulbi per
vedere distante.
Mi sembra che servano il secondo, dissi infine rialzandomi.
La seconda portata fu una coppa d'argento
antico, una sorta di piccola zuccheriera col coperchio, scostato il quale, una
boccata di fumo fuggiva verso il cielo, cercando di evitare i più brutti.
Tutti ne fummo sorpresi. Alcuni riuscirono
a respirarne una parte col naso. Altri con angoli deformati delle bocche. Altri
ancora si videro scartati di netto, come se un grande aspiratore si fosse
acceso improvvisamente sopra le loro teste. Ad altri, invece, il fumo sembrò
indugiare tra petto e gola e poi lento salire di lì ai capelli.
A questi, e a me tra loro, fu possibile
aspirarne con consapevolezza in lente boccate e ricacciarne dal naso,
mantenendo un'aria composta e falsa
Un’ignorante supponenza.
A te, infine, il fumo si fermò come corona
di nuvole all'altezza del naso adunco, celandoti tra mento e fronte. Sembravi
il monte dove abitano gli dei.
Ricordo che mi chiesi se anche al tuo
gusto, quel fumo, sapesse di sterco.
Ma ci pensi che quelli lo chiamarono
TERRORE? te ne
uscisti però, mentre io ancora pensavo ai campi concimati e alle vacche
attorniate di mosche. Le code scacciavano sciami, e tu parlavi. Era vero, mi
convinsi, ciò che dicevi. Quelli, i francesi, venivano da secoli di guerre e
sfruttamento. Di oppressione e sconforto. E nonostante ciò, definirono il
prodotto dell'illuminismo tradotto in politica, TERRORE. Io capii che mi stavi
proponendo come necessaria una fuga nel romanticismo. Sono tuo
prigioniero e non lo so? mi lasciai sfuggire.
Mi lasciasti sfuggire. In barba ai mille
morti che la nostra guerra aveva disseminato sull'arenile d'agosto.
Fu così che abbandonammo la tavola. Ma
senza sotterfugi, stavolta. Mi alzai e fuggendo ritornai. Ti porsi la mano, e
tu la prendesti. Col sorriso ti sollevasti dall'Olimpo dei tuoi dei. E insieme
ci allontanammo, oltre l'orto e la strada, dove il rivolo di un canale spento
si nascondeva dietro al fienile.
Nel giallo dicesti, romantico, non
agreste. E con la mano andasti sfiorando ogni cosa. Le balle di fieno
divennero mura al chiarore di una luce soffusa che penetra da finestre e
tendaggi rimbalzando sulla notte. Poi ti chinasti a baciare il pavimento.
Flessuosa ti richiudesti in te stessa, prima sulle punte dei piedi, poi con lo
stinco aderente al suolo, e ancora i polpacci portasti a incollarsi alle cosce
e la pancia richiusa al bacino, e la bocca a mangiare polvere e paglia. E
polvere e paglia divennero un letto. E in mezzo a lenzuola e coperte ti
sollevasti fino a mostrare la tua sagoma incastonata in un pieno mobile che
morbido respira.
La terza portata la sognammo dormendo
abbracciati sfiancati. Arrivò servita su porzioni di alveari dove ancora
fumanti ruggivano le api. E sognando le sentimmo lavorarci nel petto.
Intorno, a voler guardare, 12 teschi
ridevano del solito niente. Dei segnaposto a forma di cero, delle candele
spente a forma di patata, delle patate profumate di forno e ricotte dal
sole. E dei nostri cuori, come di quelli degli altri, spaccati e
ridotti a pietanza.
Allora che dire sono ancora a bocca aperta. Wow...ho letto tutto ed è splendido. Le portate sono drammaticamente stupende. Veramente...mi hai toccato dentro...! Niente più.
RispondiEliminabeh del resto... chiaro principio d'ordine fu "bullicare".. : )
RispondiEliminabello leggerlo cosi',immagini comprese..sono diverse,suggestive.
RispondiEliminaeh.. vediamo come si sviluppa...
RispondiEliminaps le immagini di Francesca sono "da panico" ve'? cercala in rete, ha anche un bellissimo video in concorso per un qualche premio. se non sbaglio il video si chiama eden.com.
RispondiEliminamacchè le immagini (sono FRANCESCA), le tue parole sono da respiro sospeso irreale immaginifico volo sul reale. Ti dò i miei occhi, sempre, se posso immergermi in queste parole.
RispondiEliminaprincipio d'ordine...davvero stupefacente... :-)
RispondiElimina@FRANCESCA ...come potrei non approfittarne? : ))
RispondiElimina@luisa da narkotika a stupefacente. diobono non mi scosto mai di un passo, pare.. : ))))
RispondiElimina...era voluta .... :-))))
RispondiElimina(infatti ti... spalleggiavo ; )) )
RispondiElimina:-))))
RispondiEliminaUn magnifico accostamento di immagini e parole :)
RispondiEliminaComplimenti
@Artemisia1984 ...un buon inizio..
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