venerdì 17 giugno 2011

Sant'Elena attende - Malacoda






Questa mattina sono stato 3 ore seduto accanto alla fontana grande, in piazza del Comune. Mai tanta acqua fu meglio utilizzata. Il refrigerio che dona, in queste giornate d'estate, pare essere a mio beneficio esclusivo. Tant'è che ero solo, a guardare.
A un certo punto sono passate due donne, gonfie nei loro vestiti. Non belle e non brutte. Non giovani e non vecchie. Trotterellavano dietro ai loro mariti, più anziani, attardandosi, forse sorelle, in confidenze che nulla di serio parevano valere. Chi ha visto un piccione da vicino, chi ne conosce le abitudini, sa che è come un topo, ma con le ali. Bene: vedendo passare le due donne ho pensato che avrei preferito mangiare un piccione, piuttosto che scoparle. E mangiare i loro culi, piuttosto che un piccione.
Temo che la calura stia avendo un effetto devastante sulla mia psiche.
Ho allungato la mano e infilato due piccioni nello zaino. Dovrei ucciderli prima di spennarli?






Quella di venerdì scorso era grassa come una balena. Nella gonna lunga e bianca pareva un tendone nel deserto. Un circo sotto la neve.
Aveva disobbedito, così quando entrò in macchina la rimproverai sorridendo. Non se l'era sentita di affrontare 3 ore di pullman con la sola canotta verde e senza reggiseno. Lo sfilò immediatamente. e i capezzoli, schiacciati contro la stoffa dalla quarta misura rigonfia, spiegarono da soli a quale imbarazzo la donna s'era arresa. Sapeva che sarebbe stata punita. Ma non avendo ancora idea della misura, provò a spiegare che non era stata l'impossibilita' a vincere il pudore, quanto piuttosto la difficoltà a superare la paura, a farla trasgredire all'ordine. La paura di essere molestata, magari stuprata. Come se non l'aspettasse lo stesso servizio qui dove era venuta (scegliendo?).
Le infilai la mano sotto la gonna, spingendo le cosce enormi in modo da farmi strada. Era bagnata. Ma non solo nella fica. L'umore le era colato giù lungo le gambe, fino a sotto le ginocchia. Seguii la striscia umida. Terminava sul polpaccio.
So come funzioni.
Un lieve rossore chiazzò la carne pallida del volto.
Le misi un dito in bocca.
Succhiò la verità dal mio indice.
Le ispezionai la borsa.
Come da programma, nel portafogli non aveva altro che la patente.
Ma purtroppo oltre al pattuito, nella borsa, aveva portato anche del trucco, un biglietto per l'autobus del ritorno e un paio di libri.
La guardai duro. Cercò di giustificarsi. La tranquillizzai.
Avrò’ solo da punirti di più.

C’e’ chi ci va a scuola per elaborare rassicurazioni peggiori.






Questa notte ho sognato il demonio. Una visita illustre, devo dirlo.
In genere i sogni miei sono vuoti come il lato del letto dove la sera prima ho tenuto la puttana di turno.
Cingeva le mie spalle con una lingua di fuoco freddo. Il demonio, non la puttana di ieri sera.
Le fiamme strane sono qualcosa che te e Dio avete in comune, ho pensato.
Ecco, lui diceva, ormai hai percorso la salita. Godi l'aria in faccia scendendo e non pensare.
Lui è così: padrone del futuro.
Ti lascia al presente per illuderti che mai ci sarà un passato.

O che mai ti riguarderà.






All'antivigilia di Natale, quando avevo 5 anni, andai al mercato coperto del mio paese con mia madre e mia nonna. Non ricordo se mi piacesse quel luogo, prima di allora.
Ricordo però che la mamma parlava con Adua la fruttivendola, tutte le volte, arrivando, per diversi minuti. E ridevano insieme. Come se si conoscessero dai tempi dei tempi. Come se avessero, al contrario di me, un passato su cui saldare i pilastri dei loro discorsi. Delle loro risate incomprensibili.
Lasciato al solo presente, non potevo che interessarmi di quello. Così lo guardavo, vedendo ciò che loro non potevano, prese com'erano dal tempo in cui io ancora non c'ero.
Cosa vedevo, adesso, non mi va di dirlo. Perché stamattina ho ripensato a quel giorno particolare di cui prima raccontavo.
Quello in cui, con mia madre e mia nonna, mi recai al mercato coperto del paese e le vidi, dopo aver come sempre parlato insieme ad Adua per diversi minuti, comperare un pollo vivo e bianco e ammazzarlo.
Lo presero una dal corpo e l'altra dalla testa, e tirando lo fermarono teso sopra un tombino. Con un coltello gli bucarono il collo e lasciarono che il sangue colasse.
Io avevo un dito in bocca e stavo a pochi passi dal quadro. E le vidi infilare l'animale morto in una busta di plastica bianca e posarselo accanto ai piedi.
Non riuscii ad avvertirle che la busta palpitava.
E rimasi attonito col dito in bocca anche quando la busta mi corse addosso alla cieca.

L'odore della morte permane a lungo. Specie se si posa sugli uccelli. Forse perché le penne lo trattengono sulla pelle. O forse perché se ne inzuppano irrimediabilmente.

Stamattina in casa c'è lo stesso odore di allora.
Guardo sul tavolo le penne dei piccioni. Accendo il camino. Ce le butto dentro. L'odore permane.
È per questo che penso a quel giorno al mercato coperto del mio paese, mentre brucio lo zaino.






Neanche dalla pelle degli umani però va via facilmente l'odore della morte. Primati a pelo quasi sempre corto con la mania degli abiti.
Sarà per il pelo che portiamo sullo stomaco?
O per il ricordo delle penne a cui stavamo attaccati quando eravamo angeli?  O è davvero per la mania di vestirci?

Vestiamo il morto? Chiese il becchino a mia nonna, mentre mio nonno giaceva pallido sul letto.

Raccolgo la minigonna rossa da terra. M'era sfuggita. La getto nel camino. La fiamma si colora di verde smarrimento, di blu elettrico meraviglia, di giallo paglia bagnata. Si riflette nel vetro della finestra.

È allora che mi chiami.
Ricordi lo scorso aprile? Mi dici.
Sì ma scusa, ora ho da lavarmi le mani.

C’e’ gente che ci va a scuola, per inventare scuse peggiori.





Fotografie di Francesca Anita Modotti

10 commenti:

  1. CINZIA le foto ricordano le esibizioniste da webcam

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  2. tutto insieme diviene così inaspettato.quasi non lo riconosco dalle parti separate.

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  3. @CINZIA cerca eden.com, di Francesca Anita Modotti, in google e guardati il video.. ; )

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  4. Cinzia ehi la tua nanda ci aveva azzeccato :)

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  5. c'è gente che ci va a scuola, per inventare scuse peggiori..è il significato profondo di tutto il post che hai "legato".nel post precedente le immagini assumevano un significato preciso,che quasi si fondeva con le parole.questa volta faccio fatica a trovarne uno.e poi quella pellicola sul volto ed il corpo è come se bloccasse il respiro e la vita e andasse poi contro le altre immagini in movimento,possibile in ogni caso,che io sia lontana dal reale significato di quelle immagini

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  6. io penso che noi siamo la distanza tra le immagini e il loro reale significato.

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  7. siamo sotto vuoto. c'e' alone ma non fetore... ; )

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