Questa mattina sono
stato 3 ore seduto accanto alla fontana grande, in piazza del Comune. Mai tanta
acqua fu meglio utilizzata. Il refrigerio che dona, in queste giornate
d'estate, pare essere a mio beneficio esclusivo. Tant'è che ero solo, a
guardare.
A un certo punto sono
passate due donne, gonfie nei loro vestiti. Non belle e non brutte. Non giovani
e non vecchie. Trotterellavano dietro ai loro mariti, più anziani, attardandosi,
forse sorelle, in confidenze che nulla di serio parevano valere. Chi ha visto
un piccione da vicino, chi ne conosce le abitudini, sa che è come un topo, ma
con le ali. Bene: vedendo passare le due donne ho pensato che avrei preferito
mangiare un piccione, piuttosto che scoparle. E mangiare i loro culi, piuttosto
che un piccione.
Temo che la calura stia
avendo un effetto devastante sulla mia psiche.
Ho allungato la mano e
infilato due piccioni nello zaino. Dovrei ucciderli prima di spennarli?
Quella di venerdì
scorso era grassa come una balena. Nella gonna lunga e bianca pareva un tendone
nel deserto. Un circo sotto la neve.
Aveva disobbedito, così
quando entrò in macchina la rimproverai sorridendo. Non se l'era sentita di
affrontare 3 ore di pullman con la sola canotta verde e senza reggiseno. Lo
sfilò immediatamente. e i capezzoli, schiacciati contro la stoffa dalla quarta
misura rigonfia, spiegarono da soli a quale imbarazzo la donna s'era arresa.
Sapeva che sarebbe stata punita. Ma non avendo ancora idea della misura, provò
a spiegare che non era stata l'impossibilita' a vincere il pudore, quanto
piuttosto la difficoltà a superare la paura, a farla trasgredire all'ordine. La
paura di essere molestata, magari stuprata. Come se non l'aspettasse lo stesso
servizio qui dove era venuta (scegliendo?).
Le infilai la mano
sotto la gonna, spingendo le cosce enormi in modo da farmi strada. Era bagnata.
Ma non solo nella fica. L'umore le era colato giù lungo le gambe, fino a sotto
le ginocchia. Seguii la striscia umida. Terminava sul polpaccio.
So come funzioni.
Un lieve rossore chiazzò
la carne pallida del volto.
Le misi un dito in
bocca.
Succhiò la verità dal
mio indice.
Le ispezionai la borsa.
Come da programma, nel
portafogli non aveva altro che la patente.
Ma purtroppo oltre al
pattuito, nella borsa, aveva portato anche del trucco, un biglietto per
l'autobus del ritorno e un paio di libri.
La guardai duro. Cercò
di giustificarsi. La tranquillizzai.
Avrò’ solo da punirti
di più.
C’e’ chi ci va a scuola
per elaborare rassicurazioni peggiori.
Questa notte ho sognato
il demonio. Una visita illustre, devo dirlo.
In genere i sogni miei
sono vuoti come il lato del letto dove la sera prima ho tenuto la puttana di
turno.
Cingeva le mie spalle
con una lingua di fuoco freddo. Il demonio, non la puttana di ieri sera.
Le fiamme strane sono
qualcosa che te e Dio avete in comune, ho pensato.
Ecco,
lui diceva, ormai hai percorso la salita. Godi l'aria in faccia
scendendo e non pensare.
Lui è così: padrone del
futuro.
Ti lascia al presente
per illuderti che mai ci sarà un passato.
O che mai ti riguarderà.
All'antivigilia di
Natale, quando avevo 5 anni, andai al mercato coperto del mio paese con mia
madre e mia nonna. Non ricordo se mi piacesse quel luogo, prima di allora.
Ricordo però che la
mamma parlava con Adua la fruttivendola, tutte le volte, arrivando, per diversi
minuti. E ridevano insieme. Come se si conoscessero dai tempi dei tempi. Come
se avessero, al contrario di me, un passato su cui saldare i pilastri dei loro
discorsi. Delle loro risate incomprensibili.
Lasciato al solo
presente, non potevo che interessarmi di quello. Così lo guardavo, vedendo ciò
che loro non potevano, prese com'erano dal tempo in cui io ancora non c'ero.
Cosa vedevo, adesso,
non mi va di dirlo. Perché stamattina ho ripensato a quel giorno particolare di
cui prima raccontavo.
Quello in cui, con mia
madre e mia nonna, mi recai al mercato coperto del paese e le vidi, dopo aver
come sempre parlato insieme ad Adua per diversi minuti, comperare un pollo vivo
e bianco e ammazzarlo.
Lo presero una dal
corpo e l'altra dalla testa, e tirando lo fermarono teso sopra un tombino. Con
un coltello gli bucarono il collo e lasciarono che il sangue colasse.
Io avevo un dito in
bocca e stavo a pochi passi dal quadro. E le vidi infilare l'animale morto in
una busta di plastica bianca e posarselo accanto ai piedi.
Non riuscii ad
avvertirle che la busta palpitava.
E rimasi attonito col
dito in bocca anche quando la busta mi corse addosso alla cieca.
L'odore della morte
permane a lungo. Specie se si posa sugli uccelli. Forse perché le penne lo
trattengono sulla pelle. O forse perché se ne inzuppano irrimediabilmente.
Stamattina in casa c'è
lo stesso odore di allora.
Guardo sul tavolo le
penne dei piccioni. Accendo il camino. Ce le butto dentro. L'odore permane.
È per questo che penso a
quel giorno al mercato coperto del mio paese, mentre brucio lo zaino.
Neanche dalla pelle
degli umani però va via facilmente l'odore della morte. Primati a pelo quasi
sempre corto con la mania degli abiti.
Sarà per il pelo che
portiamo sullo stomaco?
O per il ricordo delle
penne a cui stavamo attaccati quando eravamo angeli? O è davvero per la
mania di vestirci?
Vestiamo il morto? Chiese
il becchino a mia nonna, mentre mio nonno giaceva pallido sul letto.
Raccolgo la minigonna
rossa da terra. M'era sfuggita. La getto nel camino. La fiamma si colora di
verde smarrimento, di blu elettrico meraviglia, di giallo paglia bagnata. Si
riflette nel vetro della finestra.
È allora che mi chiami.
Ricordi lo scorso
aprile? Mi dici.
Sì ma scusa, ora ho da
lavarmi le mani.
C’e’ gente che ci va a
scuola, per inventare scuse peggiori.
CINZIA le foto ricordano le esibizioniste da webcam
RispondiEliminatutto insieme diviene così inaspettato.quasi non lo riconosco dalle parti separate.
RispondiElimina@CINZIA cerca eden.com, di Francesca Anita Modotti, in google e guardati il video.. ; )
RispondiElimina@Occhio.Cavo... figurati io!!!
RispondiEliminaCinzia ehi la tua nanda ci aveva azzeccato :)
RispondiEliminac'è gente che ci va a scuola, per inventare scuse peggiori..è il significato profondo di tutto il post che hai "legato".nel post precedente le immagini assumevano un significato preciso,che quasi si fondeva con le parole.questa volta faccio fatica a trovarne uno.e poi quella pellicola sul volto ed il corpo è come se bloccasse il respiro e la vita e andasse poi contro le altre immagini in movimento,possibile in ogni caso,che io sia lontana dal reale significato di quelle immagini
RispondiEliminaio penso che noi siamo la distanza tra le immagini e il loro reale significato.
RispondiElimina...alone di morte...
RispondiEliminasiamo sotto vuoto. c'e' alone ma non fetore... ; )
RispondiEliminasì... :-)
RispondiEliminaleave me...alone ;-)