(Fotografia di Francesca Anita Modotti)
La serenità
è un pezzo di seta bagnata che s’agita al vento d’autunno. Mi sbatte sugli
occhi rubando qualche lacrima, mi perfora le palpebre socchiuse, mi
ghiaccia il bulbo. Invano tento di nascondermi e di evitare le nuvole di fango
che bombardano senza pietà questo scranno d’infami sul quale, mio malgrado, mi
trovo seduto. Le lacrime piovono anch’esse, e si confondono col male. Tutto
corre, e il mio compagno più del tutto, guida come un pazzo verso un posto che
non so proprio immaginare. Mi ha convinto parlandomi di un albero magico capace
di contenere tutti i sogni e tutte le emozioni. Io scrivo canzoni.
E’ quello che sono riuscito a opporre alla sua follia. Gli è bastato darmi
spago e due bicchieri di vodka per convincermi a partire. Mentre lui correva e
clacsonava, poi, io ho deciso che una bottiglia vale bene un amore. E ho
bevuto, neanche in mezz'ora, tutto quello che potevo finire. Al termine di quel
tempo niente è cambiato. Se non il mio posto a sedere, che adesso è diventato
un altro. Sto infatti fuori dal finestrino, col culo sullo sportello e le mani
sul tettuccio. Il fiocco di seta legato all’antenna sul cofano ha cominciato a
percuotermi il viso. Il sorriso. Sì perché sorrido. Sorrido della follia di
fango e terra che mi scortica la vista, del fiume d’acqua che mi percorre il
corpo scaricando dai piedi sul sedile e all’interno degli anfibi. E delle
lacrime che non capisco. Che sgorgano senza argine su questo mondo di paglia e
immagine. Su questo niente di alberi sinceri, che solo alle parole hanno
rinunciato. E non alla mente, non al campo, non alla battaglia ne’ al circo. E
piangendo e ridendo mangio la strada, e il mio amico con me, a farmi chiaro nei
pensieri. Alla fine c’è un unico punto in questo percorso. E’ quello in cui
arrivi quando arrivi, morto. Ogni postilla, ogni segno, ogni attimo di terrore
a cui cediamo, è un corollario sciocco e sbagliato, qualcosa che chissà chi s’è
inventato. C’è un’origine a questo nulla, che sia bene o che sia male. E c’è un
niente da cui provengo, e a cui inesorabilmente tutti ritorniamo. Che sia un
inferno comune o una cella singola, davvero l’ignoro. Ma tutto appare e poi
scompare. Per cui di cos’è che abbiamo paura? Ecco, io non ho paura di nulla, e
lo dirò all’albero magico quando arriveremo. Gli dirò che non temo il
fallimento, la solitudine e la galera. Gli dirò che non temo i tuoi occhi nudi
sulla pista del sale. Che non temo di poter vivere, di poter ridere e di poter
amare. Non temo il tempo che sceglie al mio posto e non temo le scelte che
compio. Non temo la follia degli umani, ne’ la logica ferrea degli elementi.
Non temo la notte, ne’ il pozzo dal cui buio il futuro grida disperato. Non
temo i fucili, ne’ i cani, le scuole di meccanica della marina e questi belli
sgombri cervelli che s’illudono d’essere diversi. Non temo questi razzisti, che
baciano i cavi della corrente elettrica perché il loro stato non
sarebbe come quello colombiano, e i militari qui non controllerebbero il
traffico della droga. Perché è chiaro, non serve un esercito qui per gestire
l’impresa. Perché qui saremmo diversi in non so bene cosa. Nella storia? Nella
gloria? Nell’onore? O nel colore della pelle? Ecco, il razzismo è davvero
imponente, sgusciante. E i cervelli sono gomitoli di spago sotto il diluvio di
questa notte. Districami un’idea per favore, chiariscimi un concetto. Cos’è che
si deve compiere dopo tutto questo tempo in cui io sono qui e aspetto? Perché
il tempo è tempo e si compie anche per un solo istante. Ma in questa verità, e
lo dirò all’albero appena ci incontreremo, io non ci vedo nulla di
consolante.
Io a volte temo gli orologi che con il loro ticchettio mi violentano il silenzio. E anche il rum del discount, la vodka mi manca.
RispondiEliminaTutto il "meccanismo" fa leva sulla paura e il razzismo infatti è paura, una delle più insensate e infondate...eppure...ne siamo circondati...!!
RispondiElimina@Emma Peel per LMA il rum e' mal di testa assicurato. con la vodka, se si limita a quella, il giorno dopo puo' fare e disfare. e tornare a sfondarsi alla fine. lo so lo so... e' un caso disperato...
RispondiElimina@Luisaluz che paura!!!! .)))
RispondiEliminabbbrrrrrrrrrrrrrrrrr.... ;-))))
RispondiEliminaio invece sono molteplici le cose che temo... in primis me stessa.... ;)Jù
RispondiElimina"La serenita’ e’ un pezzo di seta bagnata che s’agita al vento d’autunno"ho letto la prima battuta e mi sono emozionata,per poi "cadere "nella profondità del resto..raccontato..passare da te è sempre "una ricchezza".
RispondiEliminaciao caro alpe :).
@Ju LMA e' un incosciente
RispondiElimina@soleininside oh carissima chi si rilegge :) un bacio
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